Kintsukuroi

Kintsukuroi: l’arte giapponese di curare le ferite dell’anima.
Questo è il titolo del libro di Tomas Navarro, uscito nel 2018, edito da Giunti.

Navarro è uno psicologo e nel suo libro parla di dolore e guarigione, racconta di quanto sia importante il percorso che si interpone tra questi due momenti di vita, quanto sia significativa ogni fase che traccia indelebilmente chi eravamo e chi questo percorso riesce a farci diventare.

Non è un caso che abbia scelto la filosofia giapponese come titolo del suo lavoro, una similitudine chiara per arrivare a esporre concetti precisi che nel corso del libro riesce ad approfondire in maniera semplice e precisa.

Kintsugi significa “riparare con l’oro” dove il Kintsukuroi è il riparatore che usa l’oro per aggiustare le cose. Questa tecnica giapponese, come evidenzia la parola stessa, è usata per riparare i cocci delle ceramiche rotte, utilizzando come collante l’oro o l’argento. L’artigiano raccoglie con cura i frammenti della ceramica rotta, li riunisce e ad uno ad uno procede a usarli nuovamente saldando gli uni agli altri con la colatura del metallo prezioso in modo di evidenziare ogni crepa, questo rende l’oggetto ancora più affascinante: sono le stesse crepe a dare risalto al lavoro del Kintsukuroi e il coccio rotto si veste di nuovo splendore proprio grazie a quelle crepe dorate.

La filosofia di accettazione e di rinnovo che sta dietro a questo lavoro di restauro, è quella con cui Navarro vuole dimostrare l’importanza del dolore nel percorso di ogni individuo.

Il libro inizia parlando di sofferenza, prima in modo generale, poi sempre più soggettivo, riporta esempi, racconta del dolore di alcuni pazienti che ha avuto in cura e sviluppa ogni concetto in modo chiaro e dettagliato. Alla fine di ogni capitolo l’autore evidenzia tutti i punti chiave trattati, questo elenco permette al lettore, una volta terminato di leggere il libro, di riprendere in caso di necessità, solo l’argomento di interesse.

L’autore definisce il dolore come percezione soggettiva che muta forma a seconda di come le persone reagiscono. Esiste il dolore fisico e quello psichico, entrambi lasciano cicatrici indelebili, ognuno ha il proprio modo di accogliere ed elaborare la sofferenza. È importante capire questo per trovare il propino modo di approcciarsi al dolore con consapevolezza.

Così come non c’è un solo modo di soffrire, sono infiniti i modi che avvicinano chi soffre alla ricerca della cura più adatta.

Per spiegare bene il concetto è necessario fare un esempio: un taglio sanguinante ha un rimedio che vale per tutti allo stesso modo, si procede con il disinfettare e suturare la ferita, a poco a poco il nostro organismo riuscirà a cicatrizzare il taglio e una volta che si sarà sanato potrà restare un segno più o meno profondo, questo sarà un ricordo indelebile nel tempo di quel preciso evento, scritto sulla pelle come racconto della nostra storia personale.

Quando la sofferenza è emotiva? La morte, l’abbandono, la perdita, la lontananza, la depressione, queste e molte altre ferite dell’anima hanno bisogno di essere analizzate individualmente e per ognuno esiste un modo diverso di trattare il dolore. Capita spesso di affondare le radici nella tristezza e lasciarsi trasportare via dalla sofferenza, in quel momento siamo mille frammenti scomposti che necessitano di essere riparati.

Navarro spiega di quanto sia importante accogliere il dolore, con una preparazione mentale adeguata, ovvero, cercando di pensare al fatto che la fase del dolore passerà e quello che ne verrà sarà una nuova consapevolezza. Accogliere la sofferenza infatti non significa esserne sopraffatti, è necessario avere sempre una visione più ampia di quello che la vita è in grado di offrire, certi del fatto che tutto questo stare male serve alla persona che saremo domani.

Kintsukuroi l’arte giapponese di curare le ferite emotive, contrasta con l’abitudine che sovente accomuna noi occidentali.
Si da il caso che troppo spesso nascondiamo i volti dietro maschere, ripariamo le crepe dell’anima con la colla trasparente affinché nessuno si accorga della nostra sofferenza, ci serviamo di comportamenti di circostanza per non far trapelare la parte dolente, per paura di venir giudicati, derisi a causa delle cicatrici, per la bruttezza che si nasconde nel segno sgraziato delle nostre molte rotture, proviamo vergogna del dolore come della malattia senza capire che è proprio grazie alla malattia e al dolore che riusciamo ad essere forti e vittoriosi.

Se il cuore va in mille pezzi difficilmente potrà tornare ad essere un pezzo unico, i segni restano e saranno indelebili come le cicatrici del taglio. La filosofia zen del Kintsugi parte da tre principi fondamentali: lasciare che le preoccupazioni arrivino e se ne vadano come le nubi nel cielo, accettare che ogni cosa è destinata a finire, questo ci darà modo di avere una percezione più consapevole della vita, infine dobbiamo avere un atteggiamento di resilienza che ci permetta di fronteggiare in maniera positiva le avversità.

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